Epic Fail: le 8 peggiori campagne degli ultimi anni
Ti è mai capitato di vedere una campagna sui social o in tv e di notare qualcosa che non andava? Di non essere d’accordo con un claim o con una rappresentazione? Non tutte le campagne ricevono il successo sperato e spesso in pubblicità un errore può fare davvero molti danni al brand che lo commette. C’è differenza, però, tra qualcuno che sbaglia per eccessiva superficialità non credendo di fare danno a nessuno, e chi, invece, inserisce all’interno della campagna elementi “offensivi” consapevolmente.
I consumatori preferiscono entrare in contatto con i marchi che condividono i loro stessi valori, se questi vengono messi in discussione il cliente tende ad allontanarsi. Tutti possono commettere un errore, sbagliare è umano, è come si reagisce che fa la differenza, è come un brand gestisce la crisi quello che conta. Non sempre un errore si trasforma in tragedia, basti vedere il famoso caso di IKEA, di cui abbiamo parlato in questo articolo, dove da un errore è nata una vera e propria campagna di comunicazione dal successo inaspettato.
Spesso basta poco a far cadere un marchio nell’oblio: una parola di troppo, un doppio senso non capito, una rappresentazione sbagliata, un concetto che viene frainteso… È quindi importante studiare attentamente ogni campagna calibrando bene tutti gli elementi che la compongono.
Che cos’è un Epic Fail?
Come abbiamo già detto, tutti commettono errori, e non ci stiamo riferendo solo alle aziende più piccole e di provincia ma anche alle grandi multinazionali, soprattutto a loro. La portata di pubblico di quest’ultime è molto più ampia rispetto alle prime, quindi in proporzione il danno è potenzialmente molto più grande.
Con l’arrivo dei social è aumentato il passaparola e con lui anche la velocità di diffusione delle notizie, per questo motivo un errore può costare davvero caro a chi lo commette.
Il termine “Epic fail” si riferisce alle campagne che non ottengono il risultato sperato, anzi l’esatto opposto. Le aziende, non riuscendo a prevedere le reazioni degli utenti, possono creare campagne a primo impatto innocue, ma che generano dissenso e scandalo. Quando questo avviene chiedere scusa e parlare apertamente al proprio pubblico è la cosa migliore, ammettere di aver commesso un errore è il primo passo per rendere più umano e vicino ai consumatori il brand. Fare finta di niente non è mai la soluzione, tutti possono sbagliare, l’importante à affrontare il problema.
Le campagne più brutte di sempre
Come abbiamo detto, in pubblicità è facile sbagliare perché molto difficile prevedere i comportamenti degli utenti. Andiamo a vedere 8 delle campagne più mal riuscite degli ultimi anni per cercare di non commettere di nuovo gli stessi errori perché… sbagliando s’impara!
Un paragone non apprezzato di WWF
Una campagna shock del WWF che ha generato molto scalpore è stata quella fatta a pochi giorni dalla ricorrenza dell’attentato dell’11 settembre. L’associazione ha paragonato il terribile accaduto con i danni di uno tsunami tappezzando New York di manifesti raffiguranti tantissimi aerei attaccare i grattacieli con la frase: “Lo tsunami ha ucciso cento volte di più degli attacchi dell’11 settembre, il pianeta è terribilmente potente. Rispettalo, proteggilo”. Un paragone di certo da evitare che ha generato non poche critiche e proteste direttamente alla sede dell’associazione della Grande Mela. Il WWF e DDB Brazil, l’agenzia pubblicitaria responsabile della campagna, si sono scusati dicendosi mortificati dell’accaduto e attribuendo la responsabilità ai giovani e alla loro poca esperienza.
Il post anti-gay di Melegatti
Melegatti qualche anno fa ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un post raffigurante due persone a letto, palesemente di sesso opposto, con in mano due cornetti per fare colazione e la scritta “Ama il tuo prossimo come te stesso… basta che sia figo e dell’altro sesso!”. Il contenuto ha fatto in pochissimo tempo il giro del web ed il marchio è stato invaso da talmente tante critiche e offese da rendere #Melegatti primo tra le tendenze di Twitter e Facebook.
L’azienda ha prontamente rimosso il post incolpando l’agenzia di comunicazione esterna che si occupava della loro gestione dei social e chiedendo scusa per l’accaduto.
Questa vicenda, però, è costata cara a Melegatti portando alla perdita di fedeltà di molti consumatori.
La campagna scandalosa e sessista di Layla Cosmetics
La campagna più recente di Layla Cosmetics per la pubblicizzazione del mascara Extra Black per ciglia lunghe è stata considerata da molti utenti scandalosa e ha generato tantissime critiche sui social. Le accuse rivolte all’azienda di Barbara Spagnolo sono state quelle di razzismo e sessualizzazione, ma andiamo a vedere perché.
Lo spot gioca molto sul concetto di lunghezza per esaltare la proprietà del prodotto. L’inizio del video mostra la CEO del marchio di cosmetici mentre, sdraiata su una poltrona in abito nero, si passa il mascara. Nel frame successivo appare il claim “”The longer. The better” che viene poi ulteriormente rafforzato dall’apparizione di sei uomini di colore nudi che ballano e dalla frase finale “Più lunghezza, più volume, più durata”.
Layla Cosmetics è stata accusata di razzismo, sessualizzazione e di alimentare gli stereotipi. Nonostante questo l’azienda non si è scusata dicendo che il messaggio è stato frainteso e che loro non hanno percepito in alcun modo l’accaduto come razzista, anzi.
Dove pecca di superficialità
Tempo fa Dove ha promosso una campagna per il lancio del nuovo sapone della linea schiarente. Lo spot mostra vari frame di donne che si alternano in sequenza. Quello che ha generato clamore è stato il momento in cui la donna di colore si toglie la maglia e appare subito dopo una donna bianca, come a sottolineare il valore “schiarente” del sapone.
Il messaggio che il brand voleva far passare era quello che il prodotto poteva essere usato da tutti, indipendentemente dal colore della pelle. Questo, però, non è quello che è stato percepito dagli utenti che hanno classificato la campagna come razzista scagliandosi contro il marchio.
Dove ha immediatamente cancellato lo spot scusandosi dell’accaduto e affermando di non aver alcuna intenzione di offendere nessuno.
Dolce & Gabbana: sfiorato lo scontro diplomatico
Hai mai sentito parlare della campagna “Eating with Chopsticks” di Dolce & Gabbana? La Campagna video è stata lanciata dal brand su Weibo, il più grande social in uso in Cina. Nello spot è rappresentata una donna cinese intenta a mangiare cibo tipico italiano con le bacchette. Il gesto è stato molto criticato e visto come razzista. Il tutto è peggiorato a causa delle litigate di Stefano Gabbana su Instagram con una giornalista dove offende lei e tutto il popolo cinese. Le chat con offese e insulti sono state diffuse in tutto il mondo e il brand, trovandosi alle strette, ha aggravato ulteriormente la situazione, affermando che i loro profili social sono stati hackerati e scusandosi per l’accaduto.
La rappresentazione sessista di Samsung
Questa volta la pubblicità in questione è quella di Samsung di qualche anno fa in occasione dell’uscita di un nuovo hard disk. Il video della campagna mostra tre persone tra cui una donna che è intenta ad aiutare i figli a fare i compiti. Lo spot mostra chiaramente che l’unica a non saper utilizzare il pc è proprio quest’ultima. Gli utenti hanno criticato questa rappresentazione della donna giudicandola sessista e capace di alimentare lo stereotipo femminile di non saper utilizzare la tecnologia.
Pandora: davvero dalla parte delle donne?
La campagna natalizia di Pandora 2017 è stata un vero e proprio flop. Il brand ha tappezzato le metro di Milano con pannelli con la frase: “Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale di Pandora: secondo te cosa la farebbe felice?”. Le foto del cartellone hanno fatto il giro del web e il brand è stato inondato da critiche e accusato di discriminazione, nonché di alimentare una concezione della donna ormai antiquata.
Come ha reagito l’azienda? Pandora ha affermato, emanando un comunicato, di non voler offendere nessuno e che il contenuto doveva essere percepito come ironico; i cartelloni sono poi stati sostituiti.
LG e l’anziano maniaco su TikTok
In occasione dell’uscita di LG v60 e il suo doppio schermo, LG ha lanciato una campagna su TikTok in Polonia con una trama che ha generato molto clamore. Il video rappresenta un uomo anziano intento a fotografare il lato B di una passante. La ragazza, accorgendosene, cerca le immagini sul telefono dell’anziano e non trovandole si scusa.
L’ultimo frame ritrae l’uomo mentre ritrova le fotografie, date le due fotocamere del dispositivo, ed esulta.
Il video è stato subito rimosso da TikTok che si è scusato per il contenuto offensivo.
In conclusione…
Eccoci arrivati alla fine di questa lunga carrellata di Epic fail nelle campagne pubblicitarie degli ultimi anni. Come abbiamo visto un errore può capitare anche ai più esperti data l’imprevedibilità del web e delle reazioni degli utenti.
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